mercoledì 3 ottobre 2012

Fare la prof a casa dell'Elettore Palatino.

Spinoza, uno dei pochi che per filosofare in pace dovette pure lavorare (faceva lenti), ricevette nel 1673 la seguente missiva:

"Illustrissimo signore, il mio clementissimo signore, il serenissimo Elettore Palatino, mi ordina di scrivere a voi, a me finora ignoto, ma apprezzatissimo dal serenissimo Principe, per chedervi se accettereste l'ordinaria professione della filosofia nella sua illustre Accademia. (...) Avrete la più ampia libertà di filosofare, della quale il Principe confida che non abuserete allo scopo di perturbare la religione pubblicamente professata. (...) Questo solo aggiungo, che, se verrete qui, trascorrerete piacevolmente una vita degna di un filosofo, a meno che non accada tutt'altro di ciò che è nella nostra speranza e nella nostra opinione. Vi porgo, illustrissimo signore, i miei saluti. Vostro osservantissimo J. Lodovico Fabritius, Professore dell'Università di Heidelberg e Consigliere dell'Elettore Palatino. Heidelberg, 16 febbraio 1673"

E lui, spiantato scomunicato sfiorato da un omicidio, che fece? Rifiutò, preferendo la libertà della ricerca all'attività d'insegnamento: 
"(...) Infatti, se volessi dedicarmi all'educazione dei giovani, dovrei in primo luogo rinunziare a far della filosofia. In secondo luogo, io non so entro quali limiti debba intendersi compresa quella libertà di filosofare, perché io non sembri voler perturbare la religione pubblicamente costituita (...)".

Io, invece, opto per l'insegnamento, ma nell'Accademia del serenissimo Principe; vanno pure bene i palazzi, i castelli, le villette a schiera di Illustrissimi vari. Faccio eccezione per i paesi scandinavi: non voglio prendere la polmonite, e morire come il povero Cartesio che la regina costringeva a dare lezioni alle 5 del mattino, d'inverno, a Stoccolma.



Ho come l'impressione che nel Palatinato mi sarebbe andata meglio. La libertà del filosofare, all'interno della tipica scuola italiana, è ostacolata dal giallo uovo delle pareti.

BabyP, esasperata dai lamenti sulle brutture della scuola, cerca di forzare il cancello di un castello affinché io possa insegnare come se mi trovassi a casa dell'Elettore lucentissimo, tra stucchi dorati e affreschi mitologici. 










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