venerdì 22 gennaio 2016

ἔνδοξα su "Esercizi di meraviglia"




QUOTIDIANI

La gazzetta del mezzogiorno
I piccoli crescono anche tra filosofia e meraviglia
14/06/2016

La Sicilia
Scaffale
20/02/2016

TuttoLibri de La Stampa 
Lo scaffale
13/02/2016

La Nuova Sardegna
Scaffale
(8/02/2016)

Il foglio
"Fare la mamma con filosofia"
(Annalena Benini, 30/01/2016)

La Repubblica
"La giusta distanza per osservare figli e famiglia"
(Simonetta Fiori, 3/01/2016)


MAGAZINE

Noi famiglia e vita - Avvenire
"Che filosofo quel bebè. Pensieri per neomamme"
(Rossana Sisti, 31/07/2016)

Sette - Corriere della sera
"La felicità è bambina"
(Giovanni Pacchiano, 3/06/2016)

Internazionale
"I genitori perfetti non esistono"
(Valentina Pigmei, 27/03/2016)

Famiglia cristiana
"Il bimbo rende la mamma filosofa"
(Paolo Perazzolo, 10/03/2016)

F
"Dieci piccole, grandi verità che possiamo scoprire guardando il mondo con gli occhi di un bambino."
(Donatella Borghesi, 27/01/2016)

WEB

Noi mamme siamo filosofe! Avete dubbi?
(Mamma in città, 4/08/2016)

Dieci buoni motivi per non leggere Esercizi di meraviglia
(Tempoxme, 23/05/2016)

Esercizi di meraviglia
(L'angolo dei libro kids, 19/05/2016)

Esercizi di meraviglia
(Il bla bla della sera, 15/05/2016)

Gli esercizi di meraviglia di Vittoria Baruffaldi
(La gang del pensiero, 13/05/2016)

Vittoria Baruffaldi e i suoi "Esercizi di meraviglia"
(Bellaweb, 10/05/2016)

Esercizi di meraviglia, il libro per le mamme che non hanno bisogno di istruzioni
(Nostro figlio, 4/05/2016)

Colazione immaginaria con l'autore
(Leggere parole leggere, 29/04/2016)

Gli esercizi di meraviglia di Vittoria Baruffaldi
(C'era una vodka, 15/04/2016)

Mamme e libri: istruzione per l'uso
(Microcosmi, 8/03/2016)

Esercizi di meraviglia: fare la mamma con filosofia!
(Mamme.it, 6/03/2016)

La madre socratica
(Nazione Indiana, 19/02/2016)

"Esercizi di meraviglia. Fare la mamma con filosofia", saggezza e spontaneità secondo Baruffaldi

(ilmiotg.it, 18/02/2016)

Esercizi di meraviglia
(Faccio quello che posso, 18/02/2016)

Esercizi di meraviglia
(Tempoxme, 12/02/2016)

La filosofia applicata alle mamme
(Romagna mamma, 10/02/2016)

Esercizi di meraviglia!
(Andiamo mamma, 8/02/2016)

Esercizi di meraviglia
(Solo libri, Alessandra Stoppini, 2/02/2016)

Un'ora con...
(Impressions chosen from another time, 29/01/2016)

RADIO/TV

Tuttolibri
(La Stampa TV - TTL, 12/03/2016)

Pane quotidiano
(Pane quotidiano, Rai 3, 8/03/2016)

Ladies and capital
(Radio Capital, 29/02/2016)

A tutto volume
(Radio Veronica One, 28/02/2016)

(Radio in blu, 23/02/2016)

Stelline al pomodoro ed esercizi di meraviglia
(Geo&Geo, Rai 3, 18/02/2016)

Oltrecultura. Cultura
(Radio Manzo, 11/02/2016)

Esercizi di meraviglia. Fare la mamma con filosofia
(Prima radio, 8/02/2016)

giovedì 17 dicembre 2015

Regali di Natale filosofici.

Il rasoio di Ockham
Ockham, sostenitore dell'empirismo, mise in atto un principio economico che riducesse tutte quelle nozioni metafisiche che non facevano altro che complicare la vita.
Il rasoio è uno strumento unisex che taglia in maniera definitiva menzogne e illusioni: zac a amore eterno, corpo perfetto, anima bella. Resta il mondo quale è, quello in carne e ossa, con gli amori che vanno e vengono, con le cosce a materasso e le anime perdute.
Il mondo quale è va preso quale è: non c'è nient'altro da chiedere.

Il tacchino induttivista
Russell raccontava la storia di un tacchino a cui veniva dato da mangiare sempre alle nove del mattino. L'animale concluse, tramite l'osservazione dei casi particolari, che “Tutti i giorni, alle ore nove, mi danno il cibo”. Finché la mattina della vigilia di Natale venne smentito.
Il tacchino, dunque, oltre che piatto di portata per la cena di Natale, è un valido argomento contro la pretesa induttivista di fornire regole universali partendo da casi particolari. Se, per esempio, tutte le madri hanno concluso che i propri figli sono geniali nel leggere all'incontrario, vibrare il violino come uno tzigano ungherese o fare la trottola sui pattini a rotelle fino a scomparire, non è detto che anche babyP si esibirà in un numero simile. BabyP sa solo ridere con le ciglia e baciare con i piedi.





Il cielo stellato sopra di me
Passata la moda della stella, è ora di regalare il cielo intero, con tutte le sue stelle e i suoi pianeti e, forse, gli extraterrestri.
Il cielo stellato, suscitando venerazione per la sua grandiosità, restituisce l'idea di un'umanità piccola e insignificante (da una parte noi, le nostre lampadine, le nostre idee; dall'altra le stelle); eppure siamo qua, ad ammirarlo.

Una bacinella
A volte l'anima si mette a fare un grande bucato di pensieri: si riempie d'acqua saponata, simile a una bacinella, e lava tutto a mano, perché i pensieri sono capi delicati. Il lavaggio è un'operazione lunga e ostinata: domande marcescenti, e risposte da stendere, trattamento a 90 gradi delle macchie, generose dosi di ammorbidente, sfregamenti di idea contro idea. E teorie sulla vita lasciate in ammollo.
L'anima vorrebbe esondare, gonfiare di felicità, ma non ci riesce; non può, i pensieri la trattengono dentro quell'acqua stagnante. Deve imparare a ristagnare. A rassegnarsi alla sua forma quando non sa essere null'altro che una bacinella di plastica.
Poi, a un certo punto, arriva la vita - con le ciabatte e lo scopettone, impaziente di sciogliere i pensieri - e getta in strada quell'acqua stagnante. Fluisce di nuovo.





Un giocattolo anti borghese
Barthes criticava i giocattoli moderni in quanto significano sempre qualcosa, qualcosa che rimanda al mondo degli adulti, a un destino segnato (sarai medico come il nonno, chef come quelli in TV, professoressa come la mamma). Il bambino si limita a utilizzare questo mondo già fatto: "gli si preparano gesti senza avventura, senza sorpresa né gioia". Via il set della dottoressa Peluche, gli utensili da piccolo chef stellato, il kit della professoressa con la matita rossa e blu. Il vestito di Frozen, no, dice babyP, perché non condizionerà affatto il suo futuro ruolo di principessa.






mercoledì 9 dicembre 2015

Stelline al pomodoro ed esercizi di meraviglia.

- Quando esce il mio libro?, mi chiede babyP.
Sono due anni e mezzo che babyP mi chiede quando esce il suo libro.

Tutto è iniziato in una giornata di primavera, mi ricordo la luce sul parquet e un avanzo di stelline al pomodoro di mia figlia che stavo piluccando davanti al computer.

Avevo questo blog da qualche mese, un blog che parlava di madri e figli senza offrire nessun consiglio, nessuna soluzione, neanche una mezza verità. Cosa me ne facevo? Avevo bisogno di pensare. Essere madre non è un concetto rigido: è una costruzione complessa, fluida. Inclassificabile, come lo è l'amato, quel figlio che corre di qua e di là, cozza contro le tue certezze, fa le capriole coi tuoi sentimenti. Io avevo bisogno di pensare a questo, a quella donna e a quel bambino, e alla loro storia discontinua, come tutte le storie d'amore, che procedeva per frammenti filosofici e salti emotivi.

Le stelline non mi piacevano, ma le mangiavo, appiccicose sul palato. Sullo schermo del pc gattini e notifiche e bambini, e poi un articolo e un'email. L'articolo parlava del mio blog, e la mail aveva per oggetto "Da Giulio Einaudi Editore". Ho sorriso, la luce sul parquet e sui muri e dentro la testa, le stelline buonissime. 
Ho risposto: Sì.






In questi due anni e mezzo babyP ha imparato a nuotare e ad andare in bicicletta senza rotelle. Un giorno ha scosso la testa, e i riccioli se ne sono andati via. Sa la versione inglese e quella italiana di Let it go. Ha i suoi amici, e li abbraccia forte con le mani a tenaglia. Frequenta il secondo anno di asilo: prima mi disegnava come una palla rotonda con delle appendici, ora magra, altissima e carica di gioielli. Legge di nascosto la sera, e legge ad alta voce le storie che le racconto io, con personaggi nuovi e finali rivisitati. Ha imparato a scrivere tutte le lettere dell'alfabeto, esclusa la H, muta poverina.


Io ho nuotato con lei nel mare brodoso della Sicilia, quest'estate abbiamo incontrato i delfini e a me è venuto da piangere. Ho tagliato i capelli da maschio, e mi sono pentita; li ho fatti ricrescere, e ora li vorrei corti. Continuo a parlare malissimo l'inglese ma a volte mi rivolgo a babyP in andaluso. Ho le mie amiche, che abbraccerei con le mani a tenaglia se trovassi il coraggio, e delle amiche nuove, bellissime, da quando ho aperto il blog. Sono diventata una professoressa di ruolo. Leggo la mattina in tram, nelle ore buche a scuola, e la sera, quando tutti dormono e io illumino la stanza con il kindle.
Ho scritto un libro, ed è stato difficile e lieve allo stesso tempo.




Tra me e babyP è rimasta la questione della meraviglia, quello sguardo pulito sulle cose che lei ha, e io no, ma che lei mi costringe a esercitare, anche se avevo dimenticato come si fa.



È un esercizio di meraviglia essere madri.
Il libro esce il 2 febbraio, si intitola Esercizi di meraviglia, ed è anche un po' il mio libro.

mercoledì 2 dicembre 2015

La filosofia di una donna con il pancione.

Da quando una donna indossa il pancione gode di un certo riconoscimento - estetico, sociale, escatologico - per il solo fatto di occupare una porzione maggiore di spazio.
Ne va fiera: lo esibisce in pubblico, rimane interdetta se qualcuno non si accorge di esso.
Lo dice a tutti che ha - finalmente - una pancia, persino alle compagne delle elementari ritrovate su Facebook. Le compagne rispondono: Che bello, che felicità. 
La pancia genera indulgenza.

Le amiche le scattano foto al pancione – di fronte, di tre quarti e di profilo -, il marito ci appoggia l'orecchio o la mano o la bocca con un certo misticismo, i medici lo schiacciano con le due mani insieme e annuiscono, donne sconosciute con le unghie dipinte lo intercettano come fosse un pallone quasi in rete e predicono il suo futuro (è un maschio/è turbolento, è una femmina/è complicata). Le hanno anche insegnato a respirare, e sbuffa insieme ad altre donne: ansima, non ha il ritmo giusto, e la rimproverano.
Lei si gratta il pancione, e la notte lo appoggia di traverso come una sacca gettata in un bagagliaio colmo.



Una donna incinta è la sua pancia, pura materia che occupa una superficie notevole.  Lei si sente così, gli altri la trattano così, una res extensa, incapace di pensare e determinata da leggi fisiche, come un orologio o un frullatore. E la res cogitans, dov'è finita?

Secondo Cartesio, il corpo può essere percepito solo dalla mente. Invece, quella donna sente il corpo con il corpo: attraverso gli attacchi di nausea o i primi movimenti di suo figlio, una falena intrappolata in una lampada. Quando si spoglia vede una riga, che sembra tracciata col carbone, dall'ombelico in giù.
Qualcosa di grandioso sta per accadere, e lei si sente esclusa. La sua mente è come quella falena: sbatte i pensieri e si brucia le ali.

Eppure Cartesio avvertiva: l'evidenza non viene dai sensi; quelli ingannano, e scambiano il riflesso di un remo immerso nel mare per un remo spezzato in due. Scambiano una pancia per un bambino. Scambiano una donna con la pancia per una madre.
Senza il pensiero non si riescono a mettere insieme i frammenti casuali della realtà: chiazze sulla pelle come quelle di una banana marcescente, bozzi che sembrano mani o minuteria del ferramenta o piedi che premono sulla pancia come per squarciarla, sogni di pelli sudate e guance arrossite.

È incinta, e si è dimenticata perché.
Perché ha paura, perché le viene da piangere e da ridere nello stesso momento, perché prova un tale struggimento per qualcuno che non c'è ancora, o che ha perduto.

Tra uno sbuffo e uno sbattere di ali, cerca quel punto di congiunzione tra mente e corpo, laggiù, in quel corpo dentro il suo corpo. 

lunedì 23 novembre 2015

I biscotti del demiurgo.

Non sono brava a giocare, e mia figlia lo sa, allora mi suggerisce di fare le cose vere. Una fa all'altra treccine, ciuffetti e creste punk, per esempio. Oppure facciamo i biscotti: una sensazione di casa, sicurezza, e ovvietà.

Ci sediamo sugli sgabelli alti della cucina, lei in attesa. Faccio cadere dall'alto la farina e lo zucchero, i riccioli di burro e un tuorlo d'uovo, lei con le mani aperte, poi le chiude per impastare la massa dolce e collosa. Ripongo la palla liscia in frigo per una mezz'ora poi la stendo col mattarello. Prendo le formine – la stella, il funghetto, il fiore a sei petali – e babyP se le rigira tra le mani: è arrivato il momento più divertente del gioco delle cose vere. Plasmiamo la stella, il funghetto, il fiore a sei petali come il demiurgo platonico, quel dio-artigiano, che plasmava il mondo.
Anche lui aveva a disposizione una massa morbida – la materia eterna – e delle formine – le Idee – e non doveva far altro che modellare le cose nella maniera più aderente al modello primigenio.




Fuori si è fatto buio, abbiamo davanti a noi i biscotti, ancora da infornare. Dopo dieci minuti suona il timer del forno: sono pronti. Tiro fuori la teglia e dispongo i biscotti in un piatto bruciandomi le dita. Guardo soddisfatta babyP, c'è un buon odore di pasta frolla nell'aria. Lei incurva la bocca all'ingiù e mi dice:
- Sono brutti.
- Ma cosa dici? Sono bellissimi e buonissimi. Ne vuoi uno?
- No, sono brutti, bruttissimi, bleah. Le formine sono belle, i biscotti sono brutti.

Le formine sono i paradigmi perfetti della stella, del funghetto, del fiore a sei petali ma nella realtà le stelle sono puntini lontani, i funghetti sono velenosi e i fiori hanno cinque, tre, dodici petali. 
Fare le cose vere è un gioco stupido perché non sono mai vere: sono un'imitazione del vero. Il demiurgo era uno che cercava solo di fare del suo meglio, di rassettare il caos cosmico, come me. Riproduceva la perfezione attraverso la materia, per sua natura imperfetta, e il risultato è il mondo che ci sta davanti.

BabyP rigira tra le dita il biscotto più brutto, una stella mezza bruciacchiata.
- E la formina della mamma com'è?, mi chiede.
- Come me.

BabyP ha sorriso.




martedì 3 novembre 2015

Le lacrime dei bambini.

Quando i bambini piangono, le lacrime sembrano venir fuori dagli occhi e dalla bocca e dalle orecchie. I bambini piangono con il volto intero, a volte persino con il resto del corpo, dalle mani e dai piedi sgocciolano lacrime.
Cosa farci di tutte quelle lacrime? Terrorizzano quando sono neonati, irritano quando prendono confidenza con i capricci. E ora, che farci? Ora mi piacerebbe capirle.

BabyP è una bambina di quattro anni, che ha un livello di lacrime sotto la media (se si escludono quelle finte, da soap opera sudamericana).
Da un anno circa andava a nuoto, cuffia, occhialini e una certa dose di talento nel fare i tuffi senza tapparsi il naso. Quest'estate scivolava nel mare per mano a me e suo papà, senza i braccioli, e con la testa sott'acqua.
Così, a settembre, siamo tornate in piscina, lei con la sua cuffia, io con il mio libro. Quando entra in piscina mi fa ciao con la mano, io rispondo al saluto, poi mi dedico alla lettura clorata per un'oretta; esce dall'acqua e mi fa di nuovo ciao con la manina.
L'altro giorno ho sollevato lo sguardo dal libro, per farle un ciao di straforo, e al posto della sirenetta ho trovato una bambina in lacrime, glu mamma glu glu glu
Abbiamo parlato; siamo tornate in piscina. Glu glu glu mamma glu.
Abbiamo parlato; hanno parlato padri, nonni, altre madri. Resisti, è piccola, era un pesciolino, piange, non dargliela vinta.
A me però parlavano solo quelle lacrime.



Ieri era il giorno della piscina, ma non ci andiamo più in piscina. Io alla fine non ho capito cosa mi dicessero quelle lacrime, ma mi avevano bagnato la faccia, la maglietta, l'anima tutta inzuppata.

Visto che in piscina non andiamo più, siamo andate ai giardini. Le ho concesso un giro sulla giostrina come se dovessimo festeggiare qualcosa, forse il fatto che io delle sue lacrime non capisco nulla. Il signore della giostrina ha lasciato finire Roma Bangkok e, appena è salita babyP, ha messo su Amedeo Minghi. Guardavo la giostra girare malinconica, e pensavo al codino biondo di Minghi, e all'essere madre, inzuppata delle sue lacrime. Eppure, mi sono sentita felice.





venerdì 23 ottobre 2015

Il senso delle cose.

Se è vero che il mondo non può essere diverso da com'è, è vero anche che si può cambiare il senso delle cose, per come si offrono a noi. La Fenomenologia, secondo Husserl, è quella scienza che conduce a non avere davanti delle cose, ma il senso delle cose.
Come si fa? 
Attraverso uno sguardo puro, da spettatore disinteressato, che non cerca nulla: attraverso l'epoché.
Essere spettatori disinteressati significa essere privi di tutte quelle teorie e quei pregiudizi con i quali abbiamo imbastito il nostro mondo. Come una bambina ingenua che procede per scorci di verità.

Lacrime.
Copiosa irrigazione dei bulbi oculari atta a: intenerire, farsi perdonare; essere irresistibili.




Futuro.
Quando sarò grande potrò fare un sacco di cose. Mi hanno detto che vivrò anche da sola, magari con un gatto. E che potrò uscire da sola, magari col rossetto sulle labbra e il glitter sulle palpebre. Del futuro non m'importa nulla: io il gatto e il rossetto e il glitter li voglio adesso.

Letto.
Il posto più divertente di tutti, quello di mamma e papà. Non dorme nessuno: mamma, papà e io ci fissiamo con gli occhi grandi.

Mal di pancia, mal di testa, male generico.
Sofferenza lieve, difficilmente diagnosticabile (Ma dimmi dove hai male? Alla testa? Sì! Alla pancia? Sì? Oddio!), seguita da pomeriggi sul divano a vedere Frozen abbracciata a un essere umano accogliente.


Pannolino, ciuccio, passeggino.
Oggetti che le madri acquistano in maniera compulsiva per poi disfarsene con aria di trionfo (Le ho tolto il pannolino a 18 mesi, me l'ha praticamente chiesto lei, Io il ciuccio mai messo!, Il passeggino? Ma lo detestava, voleva camminare libera).

Sensazione.
Processo passivo per eccellenza: mi piace starmene ferma mentre le sensazioni belle (l'odore dei biscotti: significa che mia mamma è felice, il rumore scomposto dei passi di mio papà quando entra in casa: significa che è felice; gli occhi di mamma e papà che si incrociano e s'intrattengono un po': significa che sono felici) mi si appiccicano ovunque.



Corpo.
È la mia casa: lo pulisco (le orecchie no), lo porto in giro e ci dormo dentro. Mi piace tenerlo sempre al caldo.

Amore.
L'amore è una cosa da bambini. Anche gli esseri adulti, quando ci riescono, amano. Litigano e poi si danno un bacio, di notte s'incollano tra loro attraverso la pelle e si sussurrano delle sciocchezze. Poi arrivo io, e sbuffano; dico una sciocchezza e allora m'infilano sotto le coltri; ci abbracciamo stretti, oltre la pelle, ossa con ossa.